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In quasi vent’anni d’attività come web-designer, web-developer e, più in generale, consulente ICT, mi sono interfacciato con una moltitudine di clienti.

Per semplicità li catalogherei in 3 macro-categorie: gli squattrinati volenterosi, i viziati spendaccioni e, a metà tra questi due estremi, gli imprenditori saggi (quest’ultima, in verità, categoria popolata proporzionalmente agli abitanti della Groenlandia nel mese di Gennaio, ma questo è un discorso che, forse, meriterebbe un post a parte).

Insomma, ne ho davvero sentite di tutti i colori, e allora mi sono detto: perché non scrivere un bell’articolo per prenderli un po’ in giro? Se qualcuno di questi dovesse leggerlo, forse si riconoscerà e, spero, la prenderà con filosofia facendosi due risate. Ed in tal caso lo invito a ripensare al tempo sprecato andando dietro ad illusioni che solo il tempo ha poi rivelato.

I più perspicaci avranno già capito a cosa mi riferisco: l’illusione di diventare ricchi senza fatica sfruttando quel fenomeno chiamato internet! Ma andiamo con ordine, e ripercorriamo insieme le 3 domande più assurde da fare ad un web designer, con la speranza che serva anche ad altri futuri o neo imprenditori per evitare figuracce.

Quanto costa un sito internet?

La domanda più assurda è senz’altro questa: purtroppo “il sito web”, così come un qualsiasi servizio personalizzato, è stato “fagocitato” da molti come fosse un qualsiasi banalissimo genere di consumo.

Negli anni ’60 ci fu il boom, ad esempio, degli elettrodomestici. Quando ne parlo mi immagino sempre il tizio che la sera prima aveva visto “Lascia o Raddoppia?” al bar e che entra in un negozio di elettrodomestici, felice come un pasqua, ed indicando uno scatolone chiede al commesso: “quanto costa questa tv?”. Ma oggi non andiamo ancora in giro in zampa d’elefante e, soprattutto, stiamo parlando di un servizio fortemente personalizzato, quindi come diavolo si fa a chiedere, spesso in modo agghiacciante e senza alcuna premessa, “quanto costa un sito web”?

Eppure questa domanda è davvero frequente, ed ancora oggi, sebbene forse con enfasi minore, mi viene ancora rivolta. Ed ogni volta mi tocca spiegarne l’assurdità: un sito internet non può essere inteso come un costo, bensì come un investimento. È un qualcosa che può richiedere cento, mille, diecimila o centomila e passa euro, a seconda delle specifiche caratteristiche tecniche (tecnologia, piattaforma, linguaggi, hosting, domini, database, licenze, ecc…), quelle di contenuto (redazione testi, foto, traduzioni, seo, ecc…)  e di quelle di marketing (business plan, mercato di riferimento, concorrenza, piano strategico, ssm, ecc).

Ma oltre a questi aspetti, vanno valutati anche altri fattori: ad esempio a CHI facciamo il sito. So che potrebbe sembrare un’approccio poco democratico, ma a parità di servizio e di risultati un lavoro svolto per un perfetto sconosciuto e pure squattrinato non può essere neanche lontanamente pagato quando quello svolto per una persona magari famosa e pure benestante.

Qui non si tratta di “opportunità” ma di “responsabilità”. E poi c’è il fattore tempo e quello del pagamento. Se ci mettono fretta e per giunta ci viene detto che ci “pagherebbero” a 90… bè… credo che, stando alle premesse, questa potrebbe per noi diventare una “posizione sessuale costrittiva”, e quindi il prezzo salirebbe, ed anche tanto. Oppure, per come la vedo io, non se ne farebbe proprio nulla!

Puoi darmi i sorgenti del mio sito? Lo faccio gestire a mio cugino! 

Se il cugino del cliente in questione non è anche lui un professionista web, questa domanda fa letteralmente andare in bestia qualsiasi web designer. A chi non è capitato? Anche me, ebbene si, è capitato. Ed è proprio allucinante. Ma andiamo con ordine: gli hai fatto un bel sito connesso con i social, ben posizionato sui motori di ricerca, ci hai passato tempo e dedicato fatica, spremendoti le meningi su come migliorarlo e portarlo a contatto con la sua nicchia.

E poi un bel giorno il cliente ti chiama, magari con la scusa mai rivelata che non gli va di pagare la retta annuale di mantenimento dei servizi, di avere tutti i codici perché “c’è il suo parente disoccupato ma bravo col web” che potrebbe gestirlo lui.

Premesso che il cliente non si rende minimamente conto dei problemi a cui andrebbe incontro in un mercato dove chi si improvvisa ne esce fuori in quattro e quattr’otto, non ci resta che spiegargli le motivazioni sperando di farlo rinsavire e cercando, allo stesso tempo e per amor proprio, di non apparire come dei mendicanti che temono di perdere un cliente ma che in realtà stanno cercando di fargli capire, soprattutto nel suo interesse, che sta andando verso il baratro.

Può capitare che non ci resti che dare il via libera alla sua decisione allucinante. Per maggiore chiarezza: può capitare che si voglia passare ad un’altra agenzia (a quale web designer, anche bravo, non è mai capitato!). In tal caso OK, no problem, ci sta (però chiediamo il motivo, così da migliorarci visto che la scelta potrebbe essere dovuta ad una nostra mancanza). Ma, anima mia, al cugino di campagna no…

Mi serve una sola pagina web, me la fai entro domani? Tanto tu ci metti 5 minuti…

Essere troppo bravi può mandare in tilt il cervello di qualche cliente. Ma forse quel cliente non è solo solito prendere sbandate, ma più propriamente l’abitudine di mancare di rispetto nei confronti del lavoro altrui. E allora diamogli una bella lezione, e raccontiamogli questa vecchissima ma sempre utilissima storiella:

Un ingegnere viene chiamato per aggiustare un PC molto complesso del costo di 100 milioni di dollari. Seduto di fronte allo schermo, preme un paio di tasti, asserisce con la testa, mormora qualcosa a se stesso e spegne il PC, estrae un piccolo cacciavite dalla tasca e dà un giro e mezzo a una minuscola vite. A questo punto accende il PC e verifica che funziona perfettamente. Il presidente dell’azienda, felicissimo, si offre di pagare il conto immediatamente: “Quanto le devo?”, chiede. “Sono 1000 dollari, risponde l’ingegnere. “1000 dollari? 1000 euro per stringere una semplicissima vite? Mi rendo conto che il computer vale 100 milioni di dollari, ma 1000 dollari per girare una vite mi sembra una cifra esagerata! Pagherò solamente se manderà una fattura che giustifichi questa cifra!”. L’ingegnere acconsente e se ne va. Il mattino dopo il presidente riceve la fattura, la legge, e la paga senza lamentele, dopo averne letto il contenuto, riportato qui di seguito: “Servizi effettuati: avvitamento vite 1 dollaro. Sapere quale vite avvitare: 999 dollari e una vita di studi”.

Credo che non ci sia bisogno di aggiungere altro!

(Foto: Pexels)

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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